Capire l'Intelligenza Artificiale: strumenti, miti e consigli pratici per usarla subito
Scopri cosa significa davvero intelligenza artificiale, come funziona e come puoi iniziare a usarla oggi stesso nella tua attività e nella vita di tutti i giorni. Un approfondimento tecnico ma accessibile dal workshop di Silvio Porcellana tenuto nella sede BNI di Bergamo, per sfatare miti e imparare ad affrontare con consapevolezza il mondo dell'AI.
Quando si parla di intelligenza artificiale, c'è sempre una sottile linea che separa la realtà dai miti. Chi la considera una minaccia per l'umanità, chi la vede come la panacea per tutti i mali e chi, semplicemente, non sa bene di cosa si stia parlando.
In questo lungo pomeriggio caldo di giugno nella sede BNI di Bergamo, Silvio Porcellana ha deciso di fare un po' di chiarezza. L'obiettivo? Smontare i miti sull'intelligenza artificiale, spiegarne il funzionamento e, soprattutto, mostrare come possa diventare uno strumento pratico per la vita professionale e personale di ognuno di noi.
Prima di tutto: cos'è (e cosa non è) l'Intelligenza Artificiale
Il termine stesso “intelligenza artificiale” è fuorviante. Come ha sottolineato Silvio, non c'è nulla di davvero intelligente in questi sistemi, se non la potenza di calcolo e l'efficienza con cui elaborano dati. Dietro al clamore mediatico, l'AI è sostanzialmente un sistema statistico avanzato, addestrato su enormi quantità di dati (testi, immagini, documenti) raccolti dal web negli ultimi decenni.
La definizione più corretta? Sistemi predittivi di generazione di contenuti. Le attuali versioni di AI generativa, come ChatGPT o Claude, funzionano predicendo la parola o la frase più probabile in base a ciò che è stato visto in precedenza. Non c'è comprensione, non c'è consapevolezza. Solo calcolo.
Perché ne sentiamo parlare ovunque?
Semplice: è uno strumento potente, facile da usare e che tocca quasi ogni settore. Dalla scrittura di articoli e mail, alla creazione di immagini e video, fino ad arrivare a compiti più complessi come l'analisi di documenti e dati. Oggi l'AI è già integrata nei software che usiamo ogni giorno, spesso senza rendercene conto: YouTube genera trascrizioni automatiche, Gmail suggerisce le risposte alle mail, Zoom fornisce riassunti delle riunioni.
Il motivo del boom? Anche grazie allo sviluppo dell'hardware (in particolare delle GPU usate originariamente per il mining di criptovalute) è diventato più facile ed economico addestrare questi modelli su grandi quantità di dati. Il resto lo fa il marketing: “intelligenza artificiale” fa decisamente più notizia di “modelli statistici di linguaggio”.
Il cuore di tutto: i modelli linguistici di grandi dimensioni
Dietro la parola AI, oggi si nascondono soprattutto i cosiddetti LLM (Large Language Models). Questi modelli vengono addestrati su miliardi di frasi e testi e imparano a prevedere la parola successiva con una certa probabilità.
È come far cadere una pallina in un tabellone pieno di chiodini: la traiettoria si basa su regole statistiche e, in media, finirà in uno slot centrale. L'intelligenza artificiale, nel generare testi o immagini, fa esattamente questo: calcola la probabilità più alta di ciò che dovrebbe comparire dopo.
E allora, a cosa serve veramente?
Serve a generare contenuti. Tanto, tantissimo contenuto. Che siano testi, immagini, sintesi di documenti, codici di programmazione, report di vendita, script per video o campagne marketing, l'AI è fondamentalmente uno strumento di generazione (e rielaborazione) di contenuti.
Non capisce quello che scrive, ma lo fa velocemente e con una qualità media già più che sufficiente per moltissime applicazioni pratiche.
Il prompt: l'arte di farsi capire
Uno degli aspetti più interessanti emersi dal workshop è l'importanza del prompt, ovvero la richiesta che facciamo al modello. Scrivere un prompt preciso è come dare le istruzioni ad un assistente inesperto: più si è chiari e dettagliati, più il risultato sarà vicino alle nostre aspettative.
Silvio ha spiegato come costruire un prompt efficace, suggerendo di definire:
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Il ruolo: chi sta rispondendo (es. un consulente marketing, un copywriter, un esperto legale)
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Le informazioni: contesto e dati utili
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L'azione: cosa vogliamo ottenere (scrivere, sintetizzare, analizzare)
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Le istruzioni: lunghezza, stile, tono
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Richieste aggiuntive: eventuali citazioni, riferimenti, ecc.
 
Esempio pratico: invece di chiedere semplicemente “scrivi una mail promozionale”, meglio indicare target, stile, tono, durata, contenuti chiave e obiettivo della comunicazione.
Strumenti e modelli: non solo ChatGPT
Durante l'incontro sono stati illustrati anche altri strumenti oltre a ChatGPT, come Claude, Gemini, Grok e Perplexity. Ognuno con caratteristiche diverse, vantaggi e limiti. Alcuni sono più bravi nella generazione di codice, altri nella scrittura creativa o nella ricerca di informazioni aggiornate.
Inoltre, c'è un tema legato ai costi: spesso i modelli più avanzati (e precisi) richiedono piani a pagamento, soprattutto per un uso intensivo o professionale.
AI come strumento, non come magia
Il messaggio più importante di Silvio è stato forse questo: l'intelligenza artificiale non è magia, né un oracolo che risolve i problemi al posto nostro. È uno strumento, come un trapano o un computer. Chi impara a conoscerla e a padroneggiarla oggi, avrà un vantaggio competitivo domani. Chi aspetta o si affida solo ai titoli dei giornali rischia di farsi travolgere dal hype e dalla confusione.
In sostanza: non serve essere ingegneri per usarla. Serve, però, sperimentare, fare prove, sbagliare, correggere e soprattutto imparare a formulare le richieste nel modo giusto.
Privacy, limiti e questioni etiche
Un capitolo delicato è quello legato alla privacy e all'etica. Come sottolineato nel workshop, quando carichiamo dati su strumenti AI esterni (che siano ChatGPT, Claude o altri) dobbiamo considerare dove vanno a finire quei dati, chi li gestisce e con quali garanzie.
Questo è particolarmente importante in settori regolamentati o per chi tratta dati sensibili. Meglio informarsi, leggere attentamente le policy di utilizzo e, se necessario, valutare alternative (come modelli privati o soluzioni on-premise).
Conclusioni: provare, sperimentare, imparare
Il consiglio finale? Usare questi strumenti. Fare test. Provare prompt diversi. Cercare di capire quali limiti hanno e come superarli. Perché la vera differenza, oggi, non la fa l'AI in sé, ma chi sa usarla meglio degli altri.
Un approccio pragmatico, concreto, lontano tanto dall'entusiasmo cieco quanto dal pessimismo catastrofista. L'intelligenza artificiale è qui per restare. Sta a noi decidere come sfruttarla.